Report Calcio 2014: stadi vuoti e la scoperta dell’acqua calda

OLYMPUS DIGITAL CAMERAL’ottimo Report Calcio 2014 mette a nudo il re dei passatempi degli italiani. E lo fa con tanto di dati, tabelle, grafici, numeri e percentuali. Il risultato è una elaborata e interessante scoperta dell’acqua calda, assolutamente fedele a quanto si vede e si dice ogni domenica, guardando sugli spalti a partita iniziata. Ma volete mettere una scoperta scientifica con le chiacchiere da BardelloSport? Non c’è paragone.

Qui però ci sono i numeri, e di fronte ai numeri cadono anche gli inguaribili ottimisti.

Il punto centrale del report è la media-spettatori nella massima serie: in Italia è inferiore di 26 mila unità rispetto a quella tedesca (22 contro 48). In classifica generale il nostro paese è dietro anche a Inghilterra e Spagna. Ma è anche quello che guadagna di più dai diritti radiotelevisivi: 980 milioni di euro. Dai botteghini nel complesso arrivano nelle casse dei club solo 189 milioni di euro. Nel ’97 erano 218 milioni.

L’aumento dei proventi derivanti dai diritti radio-tv quindi, va di pari passo con la diminuzione degli spettatori. Il calcio perde progressivamente il suo connotato originario, la popolarità, a tutto vantaggio dello spettacolo da offrire in uno schermo.

Ma stiamo a quello che a noi qui più interessa. Dalla stagione 2008/2009 a quella 12/13, la seconda divisione di Lega Pro è passata da poco meno di 800 mila a 445 mila spettatori complessivi, per una media-spettatori a partita caduta fino a 707 individui. Nel 2009 era di 865 persone a incontro. In 5 anni più di 300 mila persone sono sparite dagli stadi della vecchia C/2.

Un declino lento e inesorabile, visibile a occhio nudo da quei pochi nostalgici che la domenica assistono ancora a partite di provincia. Un calcio che non piace più alla gente, non attira più, mentre fino a 10, ma anche 15 anni fa riempiva gli impianti di gente, colore, folklore e entusiasmo.

Questi numeri non significano che il calcio sta morendo. Dicono che sta morendo la popolarità del calcio. Il calcio cioè non è più per la gente, tra la gente. Il calcio è spettacolo per i tele-spettatori-scommettitori, è business per il merchandising; è una grande lavatrice per i soldi sporchi delle organizzazioni criminali che grazie al calcio scommesse non devono rischiare troppo per la necessaria attività di riciclaggio.

Il Report calcio 2014 dedica poi una sezione agli stadi italiani, con particolare attenzione alla loro età media. Si passa dai 56 della C/2 ai 64 anni della serie A. Il focus, posto al penultimo capitolo, subito dopo l’impietoso confronto fra l’affluenza negli stadi italiani ed europei, ha il sapore della spiegazione, del perché in Italia la gente rifugge il calcio dal vivo.

Gli stadi sono troppo vecchi, strutture fatiscenti non più consone ad ospitare un pubblico che in pochi anni ha cambiato le proprie esigenze e innalzato il proprio bisogno di confort e comodità. Ecco trovata una comoda spiegazione. Più amara è la realtà dei fatti.

Tessere del tifoso, restrizioni, permessi, burocrazia, orari impossibili, eccetera, non fanno altro che scoraggiare l’affluenza a favore del divano. Così lo spettatore di provincia diventa tele-spettatore del calcio mainstream e sposta risorse dalla periferia verso il centro.

Altre misure vanno nella stessa direzione, come l’ultimissima intransigenza verso cori, petardi, striscioni e fumogeni e le conseguenti multe con cui si cerca di agire anche sul versante delle società.

O altre trovate, come ad esempio la ripartizione dei proventi in serie C/2, basata sull’età media in campo, che di fatto uccide in un colpo solo meritocrazia e livello di gioco offerto, acuendo la disparità fra società ricche e povere. E perché non aggiungere la più grande delle boiate viste nel recente passato del calcio italiano: due gironi di C/1 senza retrocessioni e due di C/2 dove regna il dentro o fuori, con tanto di ripescaggio estivo di 7 squadre, per poi farne retrocedere 18 solo un anno dopo.

Della serie: con una mano ti induco in tentazione calciatori e società, creando un campionato senza sconfitti, con l’altra te li sensibilizzo attraverso l’Integrity Tour a non fare i furbetti e a comportarsi bene.

Il calcio nasce come sport popolare e lo stadio come luogo di aggregazione dove assistere ad un gioco. Dall’antichità fino ad oggi. O meglio fino a ieri. Oggi non è più così.

La popolarità del calcio sta morendo per scelte politiche e strategiche di chi ha in mano questo mondo, non per  colpa degli stadi.

Scusate, ma ogni tanto piace anche a noi scoprire l’acqua calda.

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