Riabilitazione negli infortuni di lussazione e instabilità di spalla

Numerosi sono gli sport che utilizzano l’articolazione di spalla durante un gesto atletico. Basti pensare ad alcune discipline come baseball, pallavolo o pallanuoto, in cui il movimento dev’ essere il più efficiente e il più veloce possibile per consentire un “Gesto del lancio” che riunisca potenza e precisione, in cui diventa quindi essenziale avere un’articolazione dinamica che permetta tutti i movimenti possibili nello spazio.

L’espandersi della pratica sportiva su gran parte della popolazione e la richiesta di performance sempre più elevate agli atleti agonisti ha fatto si che tra le patologie che si riscontrano spesso in ambito traumatologico-sportivo non possano mancare i
traumi di spalla.

Generalmente i traumi di quest’ articolazione si possono riscontrare negli sport che comportano movimenti ripetuti del braccio al di sopra della testa: questi sono definiti movimenti overhead.

Questi gesti sono effettuati nelle discipline sportive ai limiti estremi della mobilità, in maniera ripetuta e con carichi stressanti, richiedendo agli atleti un delicato equilibrio tra attività muscolare e contenimento capsulo-legamentoso. Spesso un errato rapporto tra queste due componenti può causare usura dell’articolazione che, se non curata in tempo, determina infortuni gravi e periodi di stop prolungati.

Studi epidemiologici hanno dimostrato un aumento dell’incidenza della problematica con il progredire dell’età e del livello competitivo degli atleti.

Le cause sono diverse: l’uso eccessivo dell’articolazione nel gesto sportivo (patologie da overuse); un allenamento organico muscolare insufficiente che determina un affaticamento muscolare precoce con conseguente perdita riduzione di controllo dell’articolazione; un allenamento sportivo improprio,  con ripetizioni reiterate del gesto tecnico, che porta ad uno squilibrio muscolare e a un deficit del controllo; un’alterazione posturale con atteggiamenti viziati della colonna vertebrale che porta ad un errato movimento durante il gesto per mancanza di giusta dinamicità dei segmenti vertebrali.

Tra le problematiche che si presentano in studio da noi fisioterapisti, la più comune alle varie discipline sportive è l’instabilità di spalla accompagnata a fenomeni di lussazione.

figura 2

 La lussazione della spalla comporta uno spostamento temporaneo della testa dell’omero dalla sua normale posizione anatomica. Queste si classificano in base alla posizione della testa omerale in anteriore (la più frequente, rappresenta il 50% di tutte le lussazioni), posteriore (dall’1 al 4,3%) e inferiore (molto rare).

I meccanismi possono essere di origine traumatica, se dovuti ad un trauma diretto sulla spalla, come negli sport da contatto; oppure non traumatica, se dovuti ad episodi senza traumi, ma risultanti da un allungamento del complesso capsulo-legamentoso con mancata capacità di stabilità della spalla.

La lussazione comporta una lesione dei tessuti capsulari e legamentosi, emorragia, infiammazione tendinea dei muscoli rotatori, senza dimenticare il possibile danneggiamento di strutture nervose e  vasi.

figura 1

In alcuni casi, se le indagini diagnostiche e un consulto medico lo ritengono necessario, può essere indicato un trattamento chirurgico che determinerà un approccio riabilitativo più lento per osservare un giusto tempo di guarigione dei tessuti interessati dall’intervento.

L’iter riabilitativo prende in considerazione diversi fattori, il tipo di sport praticato, l’età dell’atleta e il tipo di attività agonistica. Si suddivide in tre fasi principali, ciascuna mirata a obiettivi specifici e di difficoltà crescente.

Nella prima fase si ha un periodo d’ immobilizzazione, di circa tre settimane, spesso accompagnata dall’utilizzo di un tutore, con sospensione dell’attività sportiva, per prevenire il rischio di ulteriore lesione.

In seguito si passa ad esercizi per il recupero di una buona mobilità, effettuati con un fisioterapista, attraverso tecniche di mobilità passiva, mobilità articolare ed esercizi di tipo isometrico, uniti ad attività aerobica per le gambe con la cyclette.

Una volta rimosso il tutore si passa alla fase successiva in cui l’obiettivo sarà un recupero completo della mobilità con utilizzo di una barra L (figura 1), di esercizi di stabilizzazione della scapola  e con l’uso di tavolette propriocettive.

L’ultima fase consiste nel recupero della normale forza e del completo controllo. Si eseguono esercizi aggressivi in palestra con pesi ed elastici e utilizzando sia lo stretching sia gli auto allungamenti     (figura 2) con l’aiuto di un preparatore atletico che permetterà il graduale ritorno al campo e all’esecuzione del normale gesto sportivo.

Al termine della fase riabilitativa gli atleti possono ritornare al loro sport con allenamenti intervallati e attività progressive.

Articolo a cura del Dr. Ft Damiano Chiarelli
Fisioterapista specializzato in Fisioterapia Sportiva

Un tempo ragionevole per un ritorno alle attività è di dodici settimane, con un’attività senza restrizioni che comincia verso la ventesima settimana (questo periodo è variabile, dipende dall’entità del danno ai tessuti e dal tipo di intervento scelto dal medico e dall’atleta).

Alcuni fisioterapisti e medici consigliano all’atleta l’utilizzo per un ulteriore mese di un tutore protettivo per la spalla durante le competizioni, anche per prevenire le possibile recidive e l’instaurarsi di complicanze.

 

 

 

 

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